Palenque, la storia divorata dalla giungla

Per arrivare al sito di Palenque ci sono due soluzioni: dirigersi alla stazione dell’Ado e prendere un colletivo per 10/20 pesos, oppure prendere un taxi per 80 pesos. 

Noi abbiamo optato per il taxi accordandoci anche per il ritorno. Infatti Palenque é un sito molto differente da quelli in cui siamo stati in precedenza, non ci sono fermate dei bus o taxi all’uscita, e nemmeno una vera e propria biglietteria. 

Per accedere al sito si entra prima nel Parco Nazionale dove si pagano 31 pesos e si viene muniti di braccialetto. Poi si paga l’entrata al sito di 65 pesos a testa. Nel tragitto siamo stati assaliti da un’ondata di guide turistiche che ci supplicavano di accompagnarci. 

Nella speranza che il nostro Andrès, ovvero il taxista, ci tornasse a prendere, ho rifiutato tutte le guide turistiche lungo il percorso perché ho capito che aveva contattato qualcuno al telefono dicendo che “stavano arrivando degli italiani”. 

Infatti, prima di arrivare all’entrata, è salito in taxi un ragazzo, che in seguito, abbiamo scoperto sarebbe stata la nostra guida. Il prezzo delle guide è esposto in una Palapa affianco all’entrata: l’escuriorsione storica nella parte principale del sito costa 1200 pesos, mentre se si vuole addentrarsi nella giungla si arriva a 2300 pesos. 

Abbiamo chiesto ad Andrès di tornare dopo 4 ore e deciso di fare solo la parte storica senza addentrarci nella foresta con la guida, per goderci da soli il paesaggio.
Adonai è un ragazzo di 24 anni, con un nome biblico, che significa “dio” in ebraico, nativo del posto, che lavora già da 12 anni come guida e parla sia italiano che francese in modo eccellente, oltre che diversi dialetti Maya. 

Ci raccontava che, sono ben 71 le guide ufficiali di Palenque e che si tratta di tutti nativi del parco, che fin da piccoli vivono a contatto con i turisti, prima come venditori di souvenir, poi facendo un esame, diventano guide ufficiali. 


Palenque non è il vero nome del sito, significa Palizzata ed è stato così nominato dagli Spagnoli, ma in realtà la città si chiamava Lakamha, ovvero “grande acqua”.La visita comincia con Il Tempio del Teschio, dove è rappresentato il cranio di un coniglio. 


A sinistra si erge il Tempio della Regina Rossa che prende il nome dai resti di donna che sono stati ritrovati. La regina è stata scoperta ricoperta di solfuro di mercurio, una sostanza tossica dalla colorazione rosso acceso, e da mille pietre di giada. 


Il Tempio delle Iscrizioni è il monumento funerario più importante del sito oltre che di tutte le americhe, e custodiva la tomba di Pakal. Alla tomba si accedeva dalla scalinata principale, per poi scendere nelle profondità del suolo, dove una tavola di 12 tonnellate sigillava il sarcofago del re che è stato rinvenuto con una maschera di giada. 


Il Palazzo, riconoscibile dalla torre, era l’unico edificio della piazza, ad essere utilizzato come abitazione e non come tomba. Sono ancora visibili i corridoi che separano le camere, i bagni, le cucine, e il Patio dei Prigionieri nel cortile nord.

Nella piazza più piccola di trovano il Tempio della Croce, il Tempio del Sole e il Tempio della Croce Fogliata. Salendo sul primo dei tre si ha la visuale quasi totale del sito.


Addentrandosi nella giungla è possibile arrivare al Tempio XX che appare completamente ricoperto dalla vegetazione. Ci si imbatte in liane, canne di bambù, l’albero della carta, e tantissimi altri tipi di piante, oltre naturalmente a un numero illimitato di uccelli e insetti. 


Alle due del pomeriggio, stranamente puntuale come un orologio Svizzero, Andrés è passato a prenderci, e siamo tornati in città. 

Il centro moderno della città è di scarso interesse, monotono e molto umido.

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