Essendo la mia quinta volta a New York ho deciso che dovevo trovarmi qualcosa di nuovo da fare, oltre al tour delle solite attrazioni. Per cui, come qualcuno avrà già capito leggendo gli articoli precedenti, ho deciso di creare un tour per visitare gli alberghi più belli di Manhattan, e ricercare gli Speakeasy dopo cena.
Per questo motivo, questi ultimi giorni, hanno visto ad incastro lo shopping, i musei negli orari di apertura gratuita, gli hotel e gli Speakeasy.
Subito dopo colazione, siamo andati Century 21 a fare qualche compera, perché qui si trova tutto a prezzi dimezzati.
Ci siamo poi spostati al Crosby Street Hotel, che accoglie i suoi clienti con una splendida statua di Botero.
Siamo poi passati per The Ludlow Hotel, in cui l’arredamento curato e le luci soffuse emanano un senso di pace e serenità.
Il terzo hotel della giornata è stato il Bowery, nel quale siamo entrati un po’ per caso, ma che valeva la pena vedere.
Ci siamo poi diretti verso la Theodore Roosevelt’s Birthouse, che è suddivisa in tre piani: al piano terra c’è una mostra di fotografie che raccontano la vita del presidente fin da quando era bambino, mentre ai due piani superiori si accede solo con il Ranger che fa da guida.
Per pranzo siamo andati al Chelsea Market, il mercato coperto in cui oltre a trovare tutto ciò che si desidera, si può mangiare qualsiasi cosa.
Il pomeriggio ci ha visto salire sulla terrazza del Viceroy, per accedere al The Roof, altra meravigliosa terrazza con vista sulla città.
Alle 1745 del sabato il Gughenime apre le sue porte al pubblico con offerta libera; ottimo modo per vedere un museo che non sempre piace, e che varia a seconda delle esposizioni. L’importante però è aver modo di visitare questo palazzo voluto da F. L. Wright che con la sua spirale interna, costringe lo sguardo del visitatore verso l’alto, ovvero verso la cupola in vetro da cui entra la luce del sole.
Dopo una breve sosta per cenare, siamo andati alla ricerca del Please Don’t Tell, ormai famosissimo Speakeasy che in apparenza è una friggitoria abbastanza squallida con i tavolini creati dai videogiochi degli anni ’80, dove all’interno si trova una cabina telefonica con un telefono rosso. Digitando un numero prestabilito si accede ad un’altra stanza; che rispecchia il concetto di proibizionismo anni ’20. Peccato che ormai sia così conosciuto che la fila è infinita e si rischia, come per noi, di non entrare se non si ha una prenotazione.