Puno sul lago Titicaca

Ci siamo svegliati all’alba delle sei per provare a fare colazione e andare a visitare uno dei luoghi che maggiormente desideravo vedere: il lago Titicaca.

Devo dirvi che il risveglio però non é stato dei migliori: Cristiano aveva preso una Tachipirina durante la notte perché aveva qualche linea di febbre e si sentiva un po’ debole, io invece mi sono svegliata con il vomito. Però siamo qui e non possiamo tirarci indietro, quindi proviamo!

Jhefry era la nostra guida giornaliera e assieme a lui ci siamo diretti al porto di Puno per prendere la barca che ci avrebbe portato sulle isole.

Tanto perché lo sappiate non si dice Titi – caca come diremmo “Pupu”, ma chacha, con la h! Questo perché quando chiedete ai peruviani vi rispondono che il lago Titi é in Perù e il caca é in Bolivia; e viceversa.

Comunque il lago Titicaca é quello navigabile all’altitudine maggiore. Non é però il più grande.

Non starò qui a dirvi quante volte ho vomitato, ma vi posso solo fare immaginare che di molti turisti ero l’unica con un sacchetto in mano: Jhefry ha provato a farmi star meglio con un unguento da mettere sulle tempie, ma niente.

Siamo comunque riusciti ad arrivare sulle isole di Uros, le uniche sul lago Titicaca costruite artificialmente. Infatti si usa una radice per creare delle zolle che si avvicinano e legano, poi si usa la canna del lago per ricoprirle; ogni 20 giorni bisogna cambiarla per evitare che si riempia di umidità e marcisca. Le isole hanno tutte un leader che le gestisce e vi sono delle piccole case di legno che servono a riparare dal freddo. Qui le donne ricamano e gli uomini pescano.

La nostra guida aveva degli agganci particolari e ci hanno prestato i loro vestiti oltre a farci fare un giro con una delle loro canoe fatte di canna. Sono mezzi di trasporto che ormai si usano solo per i turisti perché soppiantate da barchette a motore, però molto caratteristiche. Con questa siamo arrivati all’isola capitale dove è possibile farsi porre sul passaporto il timbro postale per la modica cifra di un sol.

Naturalmente qui c’è anche la Wi-fi.

A questo punto Jhefry aveva provato a farmi bere un altro bicchiere di the di coca, ma purtroppo senza tanto successo; per cui abbiamo deciso di tornare in hotel. Naturalmente non era compreso questo viaggio e siamo stati accompagnati niente po po di meno che dal capo di una delle isole che ci ha portato con la barchetta a motore a prendere un pulmino.

Naturalmente mi sono sentita onorata e al contempo tanto arrabbiata perché desideravo stare qui, ma non ce la facevo. Paradossalmente la barchetta non mi dava fastidio, ma le isole Taquile non potevo vederle in quelle condizioni.

Siamo quindi tornati in albergo dove ci siamo accordati per aggiornarci con Jhefry nel pomeriggio in base alle mie condizioni perché secondo lui era meglio vedere un dottore. In effetti non sono stata così bene e la responsabile dell’agenzia di Puno è stata così gentile da chiamare per me un dottore che si occupa di turisti che mi ha visitato e fatto una puntura.

Dopo 20 minuti mi sono sentita meglio, ma la cena non è rimasta nello stomaco. Speriamo vada meglio la notte.

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