Le previsioni dicevano neve e appena siamo scesi nella hall dell’albergo ha cominciato a nevicare. Per cui la giornata ha avuto un cambio di programma: direzione Museo di Storia Naturale, prima però, colazione.
Questa volta abbiamo deciso di seguire un suggerimento Instagram dei nostri compagni di viaggio a distanza Paride ed Elisa: a Soho si trova Cupping Room Cafè. Locale tipico della zona di Soho con opere d’arte appese ai muri, di pietra in faccia vista e tavolini in legno: il cibo…. stupefacente!
La neve scendeva ancora e dopo esserci infilati nella fermata della metro più vicina siamo arrivati direttamente all’American Museum of Natural History, dove c’è stata la svolta! Mi avevano raccontato di questa possibilità di entrare con un offerta libera, e mi sono pure documentata, ma sinceramente, nonostante volessi tentare, ero scettica. Invece: siamo entrati, normale perquisizione, fila molto scorrevole per le casse e infine il mio turno! “Buongiorno come posso aiutarvi? Quanti siete?” “Siamo in 4, ma oggi vorremmo fare un offerta.” “Ok. Quanto volete offrire?” “10dollari” “ok, grazie mille. Questi sono i vostri biglietti e questa la ricevuta della vostra donazione. Have a nice day!”
Incredibilmente soddisfatta abbiamo incominciato il tour per i 4 piani del museo che riesce sempre a catturare l’attenzione sia dei bambini che dei grandi. Al piano seminterrato si può anche pranzare in quando c’è un ristorante self-service con cibo molto buono.
Abbiamo trascorso nel museo circa 5 ore, per poi tornare in albergo per una doccia veloce e dirigerci poi a Diker Heights, il quartiere di Brooklyn in cui tutte le case sono addobbate per le feste Natalizie. Le luminarie sono ovunque e alcune case sono decorate in modo esagerato.
Non esagero dicendo che sembra di essere in una qualche favola Natalizia, e che appositamente i lampioni sono spenti per fa risaltare le luci delle case.
Per cena abbiamo provato Las Esquina, perché infreddoliti abbiamo deciso di avvicinarci all’albergo e perché trattandosi di una zona residenziale non vi sono molti ristoranti. Vi avevo anticipato degli speakeasy, questi locali in cui non si vede la porta d’ingresso e che nascondono un secondo locale. Questo perché riprendono l’idea dei locali del proibizionismo, tempo in cui l’alcol non era permesso.
Durante la cena ci siamo continuamente domandati dove andassero tutti quelli che si dirigevano verso il bagno. Un tizio con l’impermeabile andava avanti e indietro nervosamente senza mai fermarsi e Maria la cameriera, ogni tanto parlava con qualcuno salito dalle scale di servizio. Si sentiva la musica salire dalle camere sottostanti, ma non era chiaro se si potesse andare. Alla fine della cena ho chiesto a Maria del secondo bar e lei, sconvolta dalla mia domanda, ha detto che non dipendeva da lei l’entrata, ma che ci avrebbe accompagnato. Non sembrava proprio convinta, ma alla fine ci ha accompagnato. Girando l’angolo, fuori dal locale, si entra in una taqueria take away e un uomo alto e di colore é in piedi davanti ad una porta. Maria gli ha detto che eravamo persone speciali e ci hanno fatto entrare, stranamente. Scale e corridoi larghi un metro portano alla cucina che si attraversa prima di arrivare in un locale anni 20 in cui ti siedi solo se prendi una bottiglia e il bancone tiene ogni tipo di rum.
Incredibile, siamo entrati! Non ce l’aspettavamo per la piega che aveva preso la serata e la voglia di Maria di accompagnarci, ma c’è l’abbiamo fatta!
Margarita obbligatorio.